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IL GIARDINO DI VELASCO
Sono trascorsi quasi tre anni da Marzo del 2020, data d’inizio della pandemia. Tre anni da quei giorni di reclusione forzata che per molti scrittori e artisti sono stati un’occasione per indagare l’intimità’ contingente: lo spazio della loro casa, la disposizione delle piante sul terrazzo, gli angoli più nascosti dei loro giardini.
In quel tempo dai respiri sospesi, siamo cambiati. Nella paura e nella difficile accettazione dei limiti imposti, siamo diventati altre persone. Nel frattempo, nel corso di quella primavera, la natura aveva avuto modo di rinascere senza la presenza umana.
Le tele della serie Goldwatch di Velasco Vitali* sono la storia per immagini di quei giorni di reclusione e di rigenerazione, narrati e dipinti tra le mura di un giardino, adiacente allo studio dell’artista, mentre la vegetazione procedeva nell’esplosione primaverile, incurante del mondo che si era fermato.
Una metafora di quel momento di vita, in cui le ore erano tutte uguali e lo spazio assumeva una nuova dimensione, forzatamente intima, come lo scorrere del tempo, da reinventare e rimisurare.“L’orologio d’oro” mette in evidenza e ricalca i caratteri metaforici di questa narrazione dipinta: lo schema quadrato del giardino, lo scorrere inesorabile delle ore, il cambio delle stagioni e il valore simbolico di un’eredità ricevuta e da donare.
“Dal primo giorno di chiusura causa pandemia ho cominciato a riflettere: come posso testimoniare quello che sta accadendo? È un passaggio epocale e ho deciso di raccontare la mia intimità, ma con un annullamento dello spazio temporale, perché il tempo è diventato una dimensione personale mentre la natura continuava comunque a fare il proprio corso…La mia fortuna è stata proprio questa: avere la possibilità di fare una sorta di reportage dal vero nel mio giardino, come facevano gli impressionisti. La vera differenza è che potevo chiamare i miei amici in giro per il mondo che mi facevano compagnia mentre dipingevo. Sommavo la mia contemporaneità alla loro, mentre la natura si faceva i fatti suoi E dopo i primi 24 giorni, per altri 24 ho disegnato in silenzio. Prima il dialogo, poi il silenzio e infine le meditazioni sono diventati una mostra e un libro. Ho scelto di dipingere su fondo oro perché per i Bizantini l’oro rappresentava l’assoluto e il rapporto con Dio e con l’aldilà non misurabile. Per me la pittura è la prima forma di linguaggio virtuale. La pittura è inventare un’immagine presa dalla realtà e trasferirla ad altri. È sempre stata un detonatore per il pensiero occidentale e rimane non elitaria ma assoluta…La pandemia ci ha costretti a una riflessione sugli spazi e sulla natura. E per natura intendo cose diverse, come il paesaggio e la sostenibilità. Rispettare la natura vuol dire rispettare noi stessi. Siamo microparticelle di un mondo che ci governa anche se siamo convinti di governare. Ci stiamo accorgendo che il nostro potere è cambiato.”
Con questa rinnovata consapevolezza sposiamo le riflessioni di Velasco Vitali con il desiderio e la speranza di ideare e comporre, nei prossimi anni, piccoli libri sempre più intimi e preziosi.
BIO* L’inizio è segnato dall’incontro con Giovanni Testori e la partecipazione alla mostra Artisti e Scrittori presso la Rotonda della Besana di Milano. Dopo alcune mostre personali, la sua pittura si concentra sulla tragedia che distrugge parte della Valtellina alla fine degli anni Ottanta, facendo confluire il lavoro in Paesaggio Cancellato, mostra curata da Roberto Tassi (1990). Alla fine degli anni Novanta è invitato alla Quadriennale di Roma e in quegli anni comincia un percorso artistico sui porti del Mediterraneo e del sud Italia: in quest’ottica nascono Isolitudine con Ferdinando Scianna del 2000 e nel 2003 MIXtura con Franco Battiato. Nel 2004 Electa pubblica Velasco 20, monografia sui primi vent’anni di lavoro con un contributo di Giulio Giorello. Extramoenia (2004-2005) è un’esposizione voluta dalla Regione Sicilia, allestita a Palermo (Palazzo Belmonte Riso) e a Milano (Palazzo della Ragione). Nel 2005 entra a far parte della collezione del MACRO di Roma. Realizza, con la cura di Danilo Eccher, Immagini, forme e natura delle Alpi (2007) e LATO4 (2008). A cura di Fernando Mazzocca e Francesco Poli è Sbarco (2010), allestito in piazza Duomo e nel complesso di Sant’Agostino a Pietrasanta e a Milano in Piazza Duca D’Aosta e Palazzo Reale. Nel 2011 è invitato al Padiglione Italia della Biennale di Venezia dove espone Veidrodis, la Galleria LKFF di Bruxelles ospita la sua personale Branco, e viene pubblicato Apriti Cielo, volume edito da Skira che raccoglie acquerelli sul tema del sacro: tra questi figurano alcuni dei disegni realizzati per la pagina culturale de Il Corriere della Sera, con cui collabora dal 2007. Nel 2012 realizza Foresta Rossa, intervento artistico sull’Isola Madre (Stresa) e a Verbania, a cura di Luca Molinari. La riflessione sulle città fantasma già alla base di quest’ultima installazione, continua l’anno successivo con la mostra personale Foresta Rossa: 416 città fantasma nel mondo alla Triennale di Milano, a cura di Luca Molinari e Francesco Clerici. Ancora nel 2013 propone tre nuovi progetti monumentali di scultura: Aria presso la Galleria LKFF di Bruxelles, Branco a cura di Flavio Arensi- presso il Vittoriale degli Italiani e Medi Terraneo al castello Ruffo di Scilla. Nel 2014 espone la scultura Traditio Symboli nel Duomo di Milano e partecipa alla IV Biennale Gherdeina di scultura a Ortisei, in Val Gardena. Nel febbraio 2015 è invitato alla Berlinale (vincitore premio FIPRESCI) come produttore e protagonista del documentario Il Gesto Delle Mani con la regia di Francesco Clerici che lo ritrae durante l’esecuz- ione di una scultura in bronzo. Nel giugno dello stesso anno, su invito di Emilio Mazzoli, torna ad esporre in galleria, con la mostra FUGA (a cura di Mark Gisbourne e Giacinto di Pietrantonio), presso la Galleria Mazzoli di Modena. Nel 2017 cura e progetta (con la collaborazione di Peter Greenaway) la mostra Time Out dedicate a Giancarlo Vitali a Palazzo Reale, Castello Sforzesco, Museo di Storia Naturale e Casa del Manzoni. Del 2019 è il progetto Veduta, a cura di Danilo Eccher, alla M77 Gallery di Milano, nello stesso anno ripropone l’installazione Branco nella corte reale della Reggia di Venaria a Torino e nel 2020 in collaborazione con Arte Sella e il Mart di Rovereto progetta per il parco delle sculture del museo e a Castel Ivano (TN) il monumento alla resistenza. L’opera Sbarco da quest’anno è presente in due diverse versioni al nuovo museo PART di Rimini e alla Mole Vanvitelliana di Ancona. Tra il 2020 e il 2021 presenta con una doppia esposizione la mostra Goldwatch presso la galleria Assab One di Milano e lo spazio Circolo di Bellano e collabora con la Fondazione Giovanni Falcone a Palermo per il progetto Spazi Capaci – Comunità Capaci a cura di Alessandro De Lisi con un intervento monumentale presso l’aula bunker del carcere dell’Ucciardone.