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Il tremore delle foglie nel vento
Cosa resta di un viaggio al nostro ritorno a casa?
Piccoli oggetti sparsi, lo scontrino del quel caffè in riva al mare bevuto prima del temporale, il biglietto strappato di un museo, una piccola conchiglia bianca, la piuma di un uccello trovata in un bosco, una moneta straniera, poche frasi scritte su un quaderno, il disegno di una cima alpina, un numero imprecisato di fotografie, tre semi lucidi, la cartina di un sentiero di montagna, un quarzo colorato, un souvenir preso in un mercato, un francobollo rimasto senza cartolina.
I più avveduti o forse i più predisposti alla nostalgia amano tenere diari di viaggio. In ogni viaggio anche il meno remoto, non si dimenticano di portare un piccolo taccuino che fanno scivolare in fondo al loro zaino insieme a una penna a sfera, un astuccio con acquarelli e pennelli, un piccolo bicchiere per l’acqua e una macchina fotografica analogica.
Scrivono e dipingono a fine giornata il loro carnet de voyage, stesi nel loro letto di una camera in un motel anonimo lontano dal centro della città. Raccontano la giornata appena trascorsa, descrivono attimi fuggenti: il tremore delle foglie nel vento, la luce che illumina un dipinto, le voci e i colori di un mercato acquatico. E poi ci sono i caffè, quando la pioggia li coglie di sorpresa, i piccoli ristoranti a gestione famigliare, i lunghi tragitti in treno, luoghi dove dipingere e scrivere diventa più facile, quasi naturale.
Stefano Faravelli, l’autore della illustrazione che accompagna questo post, (https://www.stefanofaravelli.it/) è uno dei più bravi interpreti di carnet de voyage in Italia, autore di molti libri dove racconta, con i suoi pregevoli disegni e le sue scritture, città e paesi lontani. Le sue sono pagine traboccanti di panorami, ritratti e piccoli dettagli sono accompagnati da una scrittura fitta ed elegante.
I viaggi
non mi spaventano.
Anche se girassi
dietro la fortuna.
Farei solo dei passi.
Col piede
accanto a un sasso.
Ogni strada
ha un sasso
e una margherita.
Ed io vado
sasso per sasso
e colgo la margherita.
Stefano Faravelli, proprio come si augurava il poeta e scrittore Paolo Volponi*, coglie gli aspetti più poetici del viaggio e dei luoghi fermandoli dentro il suo taccuino. Si fermano i ricordi, non le foglie al vento.
Paolo Volponi Scrittore (Urbino 1924 – Ancona 1994). Esordì come poeta (Il ramarro, 1948), ma è noto soprattutto per aver affrontato nei suoi romanzi (Memoriale, 1962; La macchina mondiale, 1965; Corporale, 1974) il tema dell’alienazione dell’uomo nella civiltà industriale, con risultati di novità e felicità espressiva. Tra gli altri romanzi: Il sipario ducale (1975), Le mosche del capitale (1989).