by Published On: Marzo 25, 2024

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INVITO AL VIAGGIO

Progettiamo i nostri viaggi estivi appena spuntano le prime gemme sugli alberi, quando dalle cime delle Prealpi sparisce la neve.

In questa primavera ci sono prati invasi dalle margherite, le nuvole sfuggono sfuocate dietro i fiori luminosi delle magnolie. Ci sono quaderni prescelti, le matite, gli obbiettivi della macchina fotografica da pulire, i colori pronti sulla scrivania.

Ci sono i luoghi desiderati nelle notti insonni, brandelli di sogni che ci vedevano su piccole barche solcare le acque placidi dei fiumi, le rocce spioventi delle montagne del Mustang, l’orizzonte del mare Adriatico. Le mappe aperte sul tavolo, i segni tracciati con la matita di un possibile percorso, le guide cartacee, le fotografie scattate dai grandi fotografi, i carnet de voyage di viaggiatori del secolo scorso e le nostre parole che verranno con il tempo e il cammino.

Dovremmo viaggiare ispirati da queste parole di Manlio Sgalambro e Franco Battiato

Ti invito al viaggio
In quel paese che ti somiglia tanto
I soli languidi dei suoi cieli annebbiati
Hanno per il mio spirito l’incanto
Dei tuoi occhi quando brillano offuscati

Laggiù tutto è ordine e bellezza
Calma e voluttà
Il mondo s’addormenta in una calda luce
Di giacinto e d’oro

Dormono pigramente i vascelli vagabondi
Arrivati da ogni confine
Per soddisfare i tuoi desideri

Sulla scrivania, vicino al nuovo quaderno dalle pagine ancora intonse, restano i vecchi diari di viaggio degli anni trascorsi, spiegazzati e segnati sulla copertina dai graffi, l’adesivo di una società di autobus del sudest asiatico, il biglietto della Tate Gallery, lo scontrino di un pranzo frugale consumato vicino a Kyoto. Restano le nostre parole, il tempo trascorso e mai celebrato, le descrizioni intime di luoghi e di mondi che abbiamo attraversato.

Restano piccoli istanti poetici non urlati che meriterebbero di rinascere dentro piccoli libri cuciti a mano con i nostri piccoli disegni e le fotografie scattate all’alba.

Piccoli sussurri contro l’estetica dominate del viaggio e della conquista che adombrano la scoperta di noi e del mondo.

Dovremmo cercare di imitare Omar Pamuk  e il suo libro Ricordi di montagne lontane dove lo scrittore ci presenta i suoi taccuini illustrati con queste parole:

 Fra i sette e i ventidue anni ho creduto che sarei stato un pittore. A ventidue anni il pittore in me è morto e ho cominciato a scrivere romanzi. Nel 2008 sono entrato in un negozio per uscirne con due sacchetti pieni di matite e pennelli, poi ho cominciato a disegnare su piccoli taccuini, fra il piacere e il timore. Sì, il pittore in me non era morto.

A questi taccuini personali l’autore affida il racconto degli avvenimenti della giornata, consegna le riflessioni più sincere su attualità e politica, restituisce le emozioni e le sensazioni che il mondo offre con i suoi paesaggi, quando agli occhi si mostra «il nostro vero posto nell’universo». Una notte insonne in preda alle preoccupazioni per l’allestimento del Museo dell’innocenza, i soggiorni in India, le passeggiate in una Istanbul familiare che è però inesauribile fonte di meraviglia, l’insegnamento negli Stati Uniti, o ancora la fascinazione per l’Italia.