by Published On: Febbraio 20, 2024

Condividi l'articolo

RICUCIRE IL NOSTRO RIFUGIO

Ho avuto il piacere di vedere le fotografie ricamate di Joana Choumali*  in occasione della Biennale di Venezia del 2017.

I punti ricamati, che seguono la sagoma del soggetto e il paesaggio circostante, sembrano andare oltre il semplice esercizio decorativo.

Celano un tentativo di ricongiunzione con qualcosa che sembra andato perduto per sempre.

La maggior parte delle immagini mostrano luoghi vuoti e persone sole, che camminano per le strade o semplicemente stanno in piedi o sedute al sole, perse nei loro pensieri.

La frase: Ca va aller che dava il titolo a questo progetto fotografico significa “andrà tutto bene”. Questa tipica espressione ivoriana si usa per tutto, anche per le situazioni che non andranno bene. Infatti, afferma l’artista:

Le foto di questo progetto sono state scattate con il mio iPhone, tre settimane dopo gli attacchi terroristici. Ho scelto di utilizzare iPhone invece della mia fotocamera DSLR per catturare le persone con discrezione. Nessuna persona sa di essere fotografata, quindi il loro atteggiamento è naturale. Ho scattato le foto come se stessi facendo una scansione della città. Dopo gli attentati, l’atmosfera della cittadina era cambiata. La tristezza  era ovunque. Una saudade, una sorta di malinconia ha invaso i luoghi a me cari.

“Di per sé la fotografia non può mentire ma, per la stessa ragione, non può dire la verità; o, piuttosto, la verità che può dire, che può difendere, è limitata.”

Questo limite identificato da John Berger* nei suoi scritti sulla fotografia, sembra venir mitigato dalle cuciture e dai punti di cotone colorati che l’artista ivoriana traccia e cuce su ogni singola immagine stampata su tela.

Bassam è il mio rifugio, il posto in cui vado per rilassarmi e stare sola. A un’ora di macchina da Abidjan, Bassam è un luogo ricco di storia, una cittadina tranquilla e silenziosa. Bassam mi ricorda la spensieratezza, tutte queste domeniche pomeriggio d’infanzia che trascorrevo con i miei cari su questa stessa spiaggia dove hanno avuto luogo gli attacchi. Per me Bassam era sinonimo di felicità, fino a quel giorno. Ogni punto era un modo per riprendersi, per adagiare le emozioni, la solitudine e i sentimenti contrastanti che provavo. Come una scrittura automatica, l’atto di aggiungere punti colorati alle immagini ha avuto su di me un effetto calmante, come una meditazione. Anche il ricamo era un atto di speranza.

Mi chiedo quanti luoghi e quante persone potremmo riscattare dalla memoria con questo esercizio che Joana ripete sulle sue fotografie? Quanti libri fatti di carta, fotografie e fili potremmo ideare per raccontare e salvaguardare i nostri piccoli rifugi e i luoghi a noi cari?

Ricucire le fotografie dei nostri boschi diradati dei venti, le vecchie foto dei nostro mare da bambini, le immagini delle vette innevate, il ritratto di nostra madre vestita a festa, la fioritura delle ortensie in giugno, per dare nuova vita ai nostri mondi irrimedialmente scomparsi.

 

Joana Choumali è nata nel 1974 ad Abidjan, Costa d’Avorio, dove vive e lavora. Ha studiato arti grafiche a Casablanca e inizialmente ha lavorato come art director nella pubblicità prima di dedicarsi alla fotografia. La prima pratica di Choumali si concentrava sui ritratti documentari. Il suo lavoro recente si basa sull’intimità dei suoi primi ritratti incorporando ricami e tessuti direttamente nelle sue immagini fotografiche. Il suo lavoro è stato presentato anche in mostre in tutto il mondo, tra cui la Royal Academy of Arts, Londra (2021-22); Museo di Arte Contemporanea Africana Al Maaden, Marrakech (2019-20); Zeitz Museum of Contemporary Art Africa, Città del Capo (2019); e il Musée d’Histoire Naturelle, Le Havre (2017). Nel 2017, Choumali è stata inclusa nel Padiglione della Costa d’Avorio alla 57a Biennale di Venezia. È stata nominata Robert Gardner Fellow in Photography 2020 dal Peabody Museum of Archaeology & Ethnology dell’Università di Harvard e ha ottenuto residenze presso la Nirox Foundation, Johannesburg (2017) e la residenza IFITRY, Essaouira, Marocco (2016; 2015).

John Berger  (Londra 1926 – Parigi 2017). Artista poliedrico, considerato uno degli scrittori più influenti della sua generazione, difficilmente inquadrabile in schemi predefiniti, ha spaziato dalla scrittura, alla critica, alla pittura, alla fotografia, osservando l’arte senza sovrastrutture, con uno sguardo che spaziava sempre anche al sociale e all’impegno politico.